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Una visione junghiana dell'astrologia (di Enzo Barillà)
UNA VISIONE JUNGHIANA DELL’ASTROLOGIA
di Enzo Barillà
La prima associazione d’idee che la parola “astrologia” suscita riguarda la previsione dell’avvenire. Si identifica l’astrologia con una qualche attività divinatoria. Ma in questo modo essa viene subito svilita e ridotta al rango di una qualsiasi màntica, come potrebbe essere la cartomanzìa, la chiromanzìa, la geomanzìa, solo per citarne le più note. In realtà, l’astrologia è molto di più.
Franz Cumont tiene un ciclo di lezioni americane tra il 1911 e il 1912 (poi raccolte nel libro “Astrologia e religione presso i greci e i romani”), e la bolla con parole di fuoco. “La più mostruosa di tutte le illusioni, figlia della superstizione”, “allucinazione , la più tenace che abbia ossessionato il cervello umano”, “assurda dottrina”, “errore disperato su cui furono spese le energie intellettuali di innumerevoli generazioni”. Ciò non ostante, il grande studioso si vede costretto ad ammetterne l’origine sacrale: “Il suo punto di partenza fu la fede, fede in divinità astrali che esternavano una certa influenza sul mondo”; e infine: “Babilonia fu la prima ad erigere l’edificio di una religione cosmica, basata sulla scienza, che condusse l’uomo, il suo agire, le sue relazioni, insieme con le divinità astrali, nella generale armonia di una natura ordinata.”
E qui ci viene in soccorso l’assiriologo Giovanni Pettinato con una citazione dal “Manuale dell’Astrologo”, ovvero dall’Enuma Anu Enlil, che significa letteralmente Quando il dio del cielo quando il dio della Terra (Anu era il dio del cielo e Enlil era il dio della Terra).
«Cielo e Terra, ambedue mandano segni univoci. Ognuno per proprio conto, ma non indipendentemente, perché Cielo e Terra sono interconnessi. Un segno cattivo in cielo è anche cattivo in Terra. Un segno cattivo in Terra è anche cattivo in cielo.» (1)
Secondo il Bezold, uno studioso tedesco, un assiriologo, questo libro risale sicuramente oltre il VII secolo a.C., mentre altri dicono che sia molto più antico. E’ l’opera principale di consultazione dell’astrologo caldeo, una serie composta da 70 tavole.
Vorrei dire qualcosa sulla struttura di questi presagi. La struttura è composta di una proposizione condizionale che dà il risultato della profezia. Cioè, la proposizione subordinata esprime la condizione necessaria perché si verifichi quanto espresso nella proposizione principale. Torniamo a vedere una di queste e la capiamo meglio. Prendiamo ad esempio la tavoletta numero due, “Se un’eclissi comincia a Sud e schiarisce a Sud, caduta dell’Elam.” C’è una proposizione condizionale. Se si verifica quanto affermato nella proposizione condizionale, si avrà un certo risultato. Questa è la struttura. Valga come esempio del tipo più semplice (la condizione e un risultato) la seguente: “Se si verifica un’eclissi di Luna e il tempo si oscura, tempi duri verranno per il re. Riguardo al popolo del paese esso sperimenterà una fame terribile”. Questa era la struttura del libro.
Una peculiarità del regno assiro era che l’osservazione delle stelle veniva condotta da una particolare cerchia di esperti, con lo scopo preciso di proteggere il sovrano. Protezione non significava proteggerlo dai pericoli fisici. Gli astrologi avevano il compito di far sì che il sovrano non abbandonasse la retta via che gli veniva imposta dagli dèi. Queste erano le cose di cui si dovevano occupare. Lui doveva agire in armonia con quello che gli dèi gli comandavano. E ovviamente, per capire cosa comandavano gli dèi, occorreva interpretare i segni del cielo. Gli esperti della corte individuavano e interpretavano i vari segni che gli dèi mandavano e suggerivano al sovrano i riti da osservare per allontanare il male preannunziato dalle stelle. Era loro cura inoltre controllare che il re adempisse a tutti i suoi doveri religiosi, che non si macchiasse di colpa alcuna nei confronti del mondo divino e che si purificasse da ogni seppur minima impurità, affinché regnasse l’armonia perfetta tra gli dèi e il loro rappresentante in terra, il sovrano. Ben si capisce che qui l’astrologia confina molto strettamente anche con una funzione religiosa.
Questi sono gli inizi. Dalla Mesopotamia, l’Astrologia entra in Grecia attraverso l’insegnamento di Berosso che verso il 280 a.C. apre una scuola nell’isola di Coo. Sarebbe troppo lungo e complicato seguire le evoluzioni dell’Arte; ai nostri fini basterà ricordare che la scienza greca afferma l’unità essenziale e sostanziale del mondo. E’ qui che si forgia il dogma astrologico: la solidarietà tra uomo e universo nell’interdipendenza tra la parte e il tutto.
Ci si è domandato quando e perché l'uomo abbia iniziato ad attribuire un particolare significato ai corpi celesti, e cioè quando e perché essi da oggetti si siano trasformati in immagini simboliche.
Sotto un profilo psicologico, si può ipotizzare che ciò sia avvenuto all'atto della differenziazione della coscienza.
Scrive Neumann che «con lo sviluppo della coscienza, si delinea una serie di manifestazioni dell'inconscio, che procede dall'assoluta “invisibilità” dell’ “archetipo in sé” attraverso il primo affiorare dell'immagine (paradossale, difficilmente distinguibile, perché le immagini sembrano contrastanti e apparentemente si escludono a vicenda), sino al farsi visibile dell'archetipo primordiale.» (2)
Rimandiamo al magistrale Storia delle origini della coscienza chi fosse interessato ad approfondire questa particolare problematica.
Sembra essere dello stesso avviso Sementovsky-Kurilo che, con la consueta acutezza e profondità, così si esprime: «La capacità d'immaginazione dell'uomo si ampliava man mano nella stessa misura in cui la sua coscienza raggiungeva "gradi più elevati". Ciò nonostante, il firmamentum internum, il "firmamento interiore", rimase intatto ed immutato nella sua essenza, nella sua forma creata una volta per l'eternità, che appare sempre di nuovo in innumerevoli variazioni e che, vivendo, si sviluppa. La si può chiamare la vera essenza dell'astrologia, intorno alla quale si sono formate tutte le idee e concezioni che ad essa fanno capo. Al pensiero moderno si presenta però in modo pressante una domanda: l'essenza astrologica ha raggiunto la sua efficacia perché l'uomo primitivo ha, per così dire, proiettato le proprie emozioni ed esperienze nel cielo e con ciò "umanizzato" le stelle, oppure - al contrario - per il motivo che scoprì nella loro immagine visibile lo specchio della sua propria natura e ne collegò i mutamenti agli eventi della propria esistenza?» (3)
Secondo Giuseppe Bezza «lo Zodiaco è il simbolo più universalmente diffuso. In tutti i paesi lo si ritrova sostanzialmente identico, con la sua forma circolare, i suoi dodici segni ed i sette pianeti classici. La Mesopotamia, la Persia, l'Egitto, l'India, il Tibet, le due Americhe, i Paesi Scandinavi, il Madagascar e senz'altro alcuni popoli dell'Africa come i Dogon e i Bambara del Mali lo hanno conosciuto e se ne sono serviti come matrice dell'arte divinatoria.» (4)
Alla luce di quanto esposto sinora, siamo naturalmente portati a pensare che l'astrologia corrisponda ad un vero e proprio sistema simbolico che affonda le proprie radici nella coscienza mitica.
André Barbault, quando affronta il problema della nascita dell'astrologia, afferma: «La sua origine simbolica si fonde col monumento della mitologia che rappresenta un vero e proprio evangelo astrologico. Nelle più lontane epoche, fino alla civiltà ellenica l'astrologia si identificava con una mitologia e un culto astrale che si presentano, al tempo stesso, come una scienza, una poesia e una religione». (4)
Più oltre, commentando il passo della dr.ssa Esther Harding in cui l'autrice si sofferma sulla luna quale simbolo universale della donna, Barbault conclude: «Di fronte a questi miti e leggende dalle origini così poco uniformi - concepite da popoli tanto diversi e tanto lontani gli uni dagli altri, ma così straordinariamente simili al punto da stabilire un simbolo universale, caratterizzato da un’unica risonanza - la sola spiegazione possibile è che questa mitologia rappresenta una realtà psicologica: sorta di substrato ancestrale dell'anima collettiva (inconscio collettivo), l'immagine arcaica del mito è stata proiettata sul cosmo sotto l'aspetto di un'entità divinizzata.» (6)
Secondo Robert Amadou la dottrina astrologica si basa sulla «unità del cosmo e sull'interdipendenza di tutte le componenti di questo immenso complesso, concepite e percepibili attraverso l'analogia. Tale dottrina giustifica e forma l'astrologia». (7)
Commenta ancora Barbault: «Questa dottrina del cosmo astrologico, di cui parlava Robert Amadou, configura l'uomo come un piccolo mondo (microcosmo) paragonabile al grande mondo dell'universo (macrocosmo). Il cosmo è un immenso essere di cui tutte le parti sono in connessione, soggiacciono alle stesse leggi e funzionano in modo analogo. L'energia che anima i corpi celesti è della stessa natura di quella che anima gli uomini. Un principio unico governa le divinità planetarie e gli elettroni, le passioni di Giove e gli amori incestuosi. La stessa corrente vitale circola dall'uno all'altro, dal microcosmo al macrocosmo: e poiché l'uomo è fatto ad immagine del mondo, possiamo conoscerli ambedue facendo un unico studio. Esiste un sincronismo perfetto fra questi due mondi ed è per questo che le cose si svolgono parallelamente in cielo e in terra». (8)
La migliore espressione di questo mistero è certamente contenuta nel detto della Tabula Smaragdina: ciò che è sotto è come ciò che è sopra.
E’ ora opportuno proseguire la nostra avventura con l’aiuto degli strumenti offerti dalla psicologia del profondo.
Jolande Jacobi afferma che «le immagini divine delle grandi mitologie non sono nient’altro che fattori intrapsichici proiettati, nient’altro che poteri archetipici personificati». (9)
Nell’ambito del seminario Dream Analysis Jung dedica parte delle sue conferenze del 4/12/1929 e 11/12/1929 alla spiegazione di alcuni concetti astrologici, e afferma arditamente (e forse è stato il primo a farlo) che «l’astrologia è stata la prima forma di psicologia, che è una scienza estremamente giovane, essendosi sviluppata soltanto a partire dal XIX secolo.» (10) E ancora, riferendosi a Rodolphus Goclenius: «L’autore è stato praticamente l’ultimo dei professori ufficiali di astrologia, che era una sorta di psicologia, ma con tutte le caratteristiche e le qualità peculiari di una proiezione. Era la nostra psicologia nella sua forma più antica.» Poi: «Nel Wallenstein di Schiller c’è una conversazione tra Wallenstein e un astrologo, in cui quest’ultimo dice: “Nel tuo cuore stanno le stelle del tuo fato”. E’ una traduzione dell’astrologia in termini psicologici.»
Anche Barbault si dimostra perfetto junghiano quando scrive che «Al livello della nostra indagine epistemologica, l’astrologia è dunque – originariamente e diacronicamente, cioè com’è nata ed è giunta fino a noi – un sistema creato dall’anima umana per l’anima umana; in essa, infatti, è la Psiche stessa a ricercarsi e a configurarsi rispetto l’universo, suo specchio. [...] Questo ci riconduce a dire che l’inconscio è il regno del fenomeno astrologico: esso è il “luogo” in cui l’astrologia ha avuto i suoi natali, in cui l’astrologia popolare attinge la sua fede, in cui l’astrologia dotta foggia la sua filosofia della vita, in cui la pratica astrologica è perpetuamente operante. [...] E’ dunque naturale che il sistema di decodifica e d’interpretazione del linguaggio astrale rientri – innanzitutto ed essenzialmente - nel campo di una ermeneutica psicoanalitica. » (11)
Con la rivoluzione cartesiana e il trionfo della ragione, l’astrologia viene scacciata dalle aule universitarie e conosce un lungo periodo di discredito e d’oblio. Gli dèi mitologici sono dunque morti? A fine ‘800 assistiamo però alla rinascita dell’Arte di Urania, e le scoperte della psicoanalisi le danno nuovo vigore. «L’astrologia è un’esperienza primordiale simile all’alchimia.» (12), afferma Jung nel suo Psicologia e Alchimia. Commentando alcuni passi di Paracelso, il Maestro zurighese scriveva nel 1946: «Egli considera la psiche oscura come un cielo notturno disseminato di stelle, un cielo in cui i pianeti e le costellazioni di stelle fisse sono rappresentati dagli archetipi in tutta la loro luminosità e numinosità. Il cielo stellato è infatti il libro aperto della proiezione cosmica, del riflesso dei mitologemi, degli archetipi appunto. In questa visione astrologia e alchimia, le due antiche rappresentazioni della psicologia dell'inconscio collettivo, si danno la mano.» (13)
Abbiamo accennato al carattere numinoso dell'astrologia ed alla potenza del suo linguaggio simbolico. Riportiamo ancora una volta il pensiero di Jung ed il suo invito alla cautela: «Il pericolo principale è quello di soccombere al fascinante influsso degli archetipi, pericolo specialmente concreto se non rendiamo coscienti a noi stessi le immagini archetipiche. Allorché c'è già una predisposizione alla psicosi, può addirittura accadere che le figure archetipiche, nelle quali in virtù della loro numinosità naturale è insita una certa autonomia, si liberino del tutto da ogni controllo cosciente, conseguendo piena indipendenza e generando fenomeni di possessione». (14)
Ci si pone comunemente la domanda del “peso” esercitato nella nostra vita dalle configurazioni astrologiche di nascita. In altre parole, siamo predeterminati? Quanta libertà d’azione abbiamo?
Richiesta se crede nella predeterminazione, Marie-Louise von Franz risponde: “Molte vite umane portano in sé modelli preesistenti. Si nasce uomo o donna, bianco o nero, in un certo luogo e non altrove, da una certa famiglia e non da un’altra. C’è un modello precostituito, ma c’è anche un margine, una certa libertà. In caso contrario, potremmo mettere la terapia da parte e concludere che ognuno realizza il proprio modello di vita e che nulla si può fare al riguardo. Leggendo il modello, rendendolo cosciente, interpretando i sogni, non sfuggiamo al nostro destino, semplicemente possiamo imprimergli un senso positivo. C’è una differenza fra l’acconsentire al proprio destino e realizzarlo positivamente o il negarlo e subirlo contro la volontà. Possiamo allora concludere che, benché una certa predeterminazione esista, essa non è assoluta. Non ha nulla a che fare con l’idea fatalista di un Allah che decide ogni cosa e quindi ogni cosa va nel senso da lui deciso. Possiamo cambiare le cose, e questo dà un senso alla terapia. Possiamo cambiare le cose grazie alla comprensione del modello della nostra esistenza e quindi evitandone alcune delle conseguenze negative. Possiamo imprimere al destino una svolta relativamente più positiva.” (15)
A me pare che von Franz nel libro-intervista abbia espresso in termini semplificati – relativamente al problema della libertà - ciò che aveva già affermato circa la sostanziale unità di psiche e materia nell’omonimo testo (Psiche e Materia), e che qui conviene richiamare: «In entrambi i poli dominano l'assenza di libertà e un certo automatismo. Quanto più i processi psichici trapassano in modelli di comportamento e in processi fisiologici, tanto minore libertà sussiste. Le reazioni divengono automatiche e necessarie. La stessa cosa accade anche nel polo ultravioletto dello spirito. [...] Solo al centro dello spettro psichico, nell'ambito dell' Io cosciente, esiste una certa libertà.» (16)
Ma ciò ancora non ci illumina sull’esistenza nonché sull’importanza di uno specifico “determinismo astrale”. Occorre preliminarmente sgombrare il campo da un equivoco di fondo: «Ciò che è chiamato il “determinismo astrale”, che si ritiene sia rilevabile dal tema natale, è del tutto estraneo alle condizioni esterne a cui è soggetto il nativo: le sue origini sociali, il clima geografico, l’ambiente familiare, l’educazione ricevuta, l’ambiente economico, sociale e culturale... Di tutto ciò che questo insieme di fattori rappresenta nella vita del soggetto il tema non rende conto, poiché la meccanica celeste “gira” indifferentemente per tutti gli individui del pianeta.» (17)
Se ricordiamo che l’inconscio è contemporaneamente il “luogo” e l’origine del fenomeno astrologico, e se accettiamo l’idea che il neonato non è una tabula rasa, un’argilla su cui l’ambiente imprimerebbe le sue impronte indelebili, allora il “determinismo astrale” finisce per rappresentare né più né meno che una struttura originaria, un insieme di tendenze innate, un bagaglio di predisposizioni interiori. Gli astrologi possono quindi conoscere solo «la costellazione interiore dell’individuo, senza sapere quale è stato il ruolo dell’ambiente esterno vissuto con cui si forma il “carattere acquisito”, che neutralizza o amplifica il carattere innato.» (18)
Questo concetto sembra inoltre trovare autorevole conferma nella “teoria della ghianda” avanzata da Hillman in modo assai accattivante ne “Il codice dell’Anima”: «noi rechiamo impressa fin dall’inizio l’immagine di un preciso carattere individuale dotato di taluni tratti indelebili.» (19)
Così ridimensionato il peso del determinismo astrale, affrancato da un’aura di tipo fatalistico che – crediamo - non gli appartiene, proponiamo di vedere il problema della libertà individuale in funzione della maggiore o minore consapevolezza del soggetto come pure della “qualità” del rapporto che l’Io riesce a stabilire con l’inconscio.
Fare astrologia significa occuparsi di archetipi e simboli, e ciò è bene, almeno in un’ottica junghiana.
«La somma degli archetipi significa dunque per Jung la somma di tutte le latenti possibilità della psiche umana: un enorme, inesauribile materiale di antichissime cognizioni sui più profondi nessi tra Dio, l’uomo e il cosmo. Scoprire questo materiale nella propria psiche, ridestarlo a nuova vita e integrarlo alla coscienza, vuol dire nientemeno che sopprimere l’isolamento dell’individuo e inserirlo nel corso del divenire eterno. Così ciò a cui abbiamo accennato diventa qualcosa di più che conoscenza e psicologia. Diventa una dottrina e una via. L’archetipo, fonte primordiale dell’esperienza umana universale, giace nell’inconscio, e di qui invade potentemente la nostra vita. Risolvere le sue proiezioni ed elevare i suoi contenuti fino alla coscienza, è nostro compito e dovere.» (20)
E poiché questa relazione era intesa come giro d’orizzonte, mi piace di concluderla con una frase del mio Maestro: «Non stupisce dunque che Jung, e con lui alcuni altri psicoanalisti, siano rimasti colpiti nel constatare che esiste identità fra ciò che svela un’indagine psicoanalitica e quello che rivela l’analisi di un tema zodiacale. E’ lo stesso universo interiore ad essere esplorato, e vi si trovano quindi gli stessi prodotti psichici: linguaggio simbolico, tasti analogici, automatismi di ripetizione, transfert, condensazione, sopradeterminazione, sostituzione. Si può dunque comprendere come mai l’astrologia decifri un tema natale in modo simile a quello con cui l’analista interpreta i sogni.» (21)
NOTE
1) Giovanni Pettinato, La scrittura celeste, Mondadori, Milano, 1998, pag. 106
2) Erich Neumann, La Grande Madre, Astrolabio, Roma 1981, pag. 18.
3) Nicola Sementovsky-Kurilo, Der Mensch griff nach den Sternen, Werner Classen Verlag, Zurigo, 1970, pag. 17.
4) Giuseppe Bezza , L'astrologia - Storia e metodi, Teti editore, Milano 1980, pag. 115.
5) André Barbault, De la psychanalyse à l'Astrologie, Seuil, Paris 1961, pag. 84.
6) Idem, pag. 88.
7) Citato da André Barbault in De la psychanalyse à l'Astrologie, Idem, pag. 19.
8) Idem, pag. 20, 21.
9) Jolande Jacobi, Complesso, Archetipo, Simbolo. Boringhieri, Torino, 1971, pag. 100.
10) Carl Gustav Jung, Analisi dei sogni, Bollati Boringhieri, Torino, 2003, pag. 415.
11) André Barbault, L’Astrologie certifiée, Seuil, Paris 2006, pag. 184.
12) Carl Gustav Jung, Psicologia e Alchimia, Boringhieri, Torino 1981, pag. 257.
13) Carl Gustav Jung, Riflessioni teoriche sull’essenza della psiche. Opere di C.G. Jung, vol. VIII, Boringhieri, Torino, 1983, pag. 213.
14) Carl Gustav Jung, Gli archetipi dell'inconscio collettivo - Opere di C.G. Jung, vol. IX, tomo I, Boringhieri, Torino, 1983, pag. 37.
15) Marie Louise von Franz, Il mondo dei sogni, Red edizioni, Como, 1990, pag. 215.
16) Marie Louise von Franz, Psiche e Materia, Boringhieri, Torino, pag. 10
17) André Barbault, L’Astrologie certifiée, cit., pag. 204.
18) Idem, pag. 217.
19) James Hillman, Il Codice dell’Anima, Adelphi, Milano, 1997, pag. 18.
20) Jolande Jacobi, La psicologia di Jung, Boringhieri, Torino, 1982, pag. 68.
21) André Barbault, L’astrologia, psicologia del profondo dell’antichità, Klaros n. 1-2 (giugno-dicembre 1995), Mozzon Giuntina S.p.A. – Il sedicesimo – Firenze 1995, pag. 22